2011

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  • Versione Standard

    La nostra società si sta trasformando velocemente, e da più parti si parla di svolta antropologica. Ma ancora manca una interpretazione adeguata di ciò che sta realmente accadendo e della direzione di questi mutamenti radicali.

    Questi saggi sono perciò “apocalittici” in quanto rivelano uno stesso processo, un’unica direzione, un unico senso evolutivo dentro tutte le crisi che abbiamo attraversato lungo il XX secolo e che continuano a rendere la nostra esistenza molto fluida e incerta: la crisi delle identità individuali, nazionali e religiose; la crisi della politica e dei partiti; la crisi esistenziale e morale; la crisi del corpo e i suoi ritmi; la crisi della cultura e della comunicazione di massa; la crisi della Chiesa e della famiglia; la crisi della scuola e dell’università.

    Un’unica crisi di crescita si sta manifestando nello sfacelo del mondo artistico, culturale e della comunicazione di massa, nelle psicopatologie ormai endemiche come nelle paralisi e nelle degenerazioni del progetto democratico.

    Non si tratta evidentemente di saggi analitici sui singoli campi; l’autore propone invece un’unica chiave di lettura dei diversi temi: quella appunto che indica l’urgenza di accettare il nuovo che emerge, anche se ancora sconosciuto, dal momento che ciò che conosciamo ormai non basta più. Benché i temi siano impegnativi, l’autore coinvolge il lettore con un linguaggio incisivo, chiaro e ancorato alla realtà.

    Marco Guzzi

    13.00
    Editore : Paoline Editoriale
    Autore / Autrice : Marco Guzzi
    Anno : 2011
  • Versione Standard

    Fin dal più antico passato l’uomo si è servito degli allucinogeni per compiere attività che quasi sempre erano legate alla sfera della divinazione, nella mistica, della magia. Naturalmente vi è una grande differenza, sul piano culturale, tra l’uso degli allucinogeni nella nostra società, con quello che invece ha segnato la storia di popoli di natura o di grandi civiltà che hanno fatto della “droga” uno strumento rituale correlato al sacro e alla visione mistica.

    Questo libro offre una panoramica sull’uso degli allucinogeni nel tempo e nello spazio, ponendone in evidenza soprattutto gli aspetti antropologici e suggerendone un’interpretazione che sappia osservarne le valenze simboliche e legate all’universo del mito, del sacro, della visione.

    7.50
    Editore : Xenia
    Anno : 2011
  • Versione Standard

    A Viricota, nei montuosi deserti del Messico, dove non esiste impronta d’uomo e di civiltà e dove tutto è sacro, fiorisce il peyote. Sarebbe troppo semplice dire che è una pianta del deserto, una droga o un allucinogeno. Il peyote è un dio. Insieme con il mais e il daino forma una triade mistica che è alla base di un complesso cerimoniale primitivo, la cui conoscenza è destinata forse a schiuderci l’enigma di antiche popolazioni che passarono un giorno sulla terra, simili a dèi, prima che le loro tracce andassero cancellate e disperse dalla “civiltà”.

    Gli huicholes, che tra gli indios mesoamericani sono quelli che hanno potuto salvaguardare più a lungo l’integrità dei loro riti, raccolgono annualmente il peyote dopo un’estenuante marcia che è un pellegrinaggio sacro, una progressiva “divinizzazione”. Nessuno ha mai partecipato al viaggio sacro di questi indios.

    Nessuno, prima di Fernando Benítez, ce lo ha mai raccontato.

    13.00
    Editore : Il Saggiatore
    Anno : 2011
  • Versione Standard

    C’è chi ha notato che dei quasi 500 gruppi umani studiati nel corso del ‘900 dagli etno-antropologi, solo pochi non dispongono attualmente, per averli soppressi, di sistemi per produrre stati non ordinari di coscienza controllati, ritualizzati, di gruppo. Tutti gli altri sì.

    La domanda è: perché tutti i gruppi umani nella loro evoluzione hanno sentito il bisogno di dotarsi di contenitori di senso e di dispositivi ritualizzati di produzione di stati non ordinari di coscienza? Per almeno tre ragioni.

    Intanto, perché fa parte della caratteristica specifica degli umani non accontentarsi mai di stare dove sono. Come formiche lavorano incessantemente per esplorare il loro ambiente; e quando giungono al limite dell’esplorabile con i loro sensi e le loro facoltà intellettive, e incontrano il mistero, non si arrendono, ma cercano strumenti per oltrepassare il confine, e andare al di là.

    Poi, perché da quella conoscenza gli esperti riportano nella dimensione ordinaria indicazioni e competenze su come lavorare la dimensione dell’invisibile e dell’immateriale; infine, perché un gruppo di umani che fa insieme l’esperienza del transito e del viaggio nell’altra parte del mondo, o che si affida a uno tra loro capace di farlo, si condensa in un coeso, solidale, forte.

    Un noi in cui molte eccedenze, emergenze e bisogni trovano una strada pronta, condivisa, controllata in cui esprimersi.

    18.00
    Editore : Colibrì Edizioni
    Anno : 2011
  • Versione Standard

    Grande è il bisogno di ricominciare. Nelle nostre vite, nella Chiesa, e nel mondo.Una pesante cappa di apatia grava infatti nei cuori, colmandoci di amarezza, di impotenza, e di disperazione.

    Ma per ricominciare, per ridare slancio ai nostri progetti, abbiamo bisogno di pensieri nuovi, di parole vive, abbiamo bisogno di ridare vita alle parole più antiche, di rianimarle.

    Questo libro tenta di riaccendere la luce di 12 parole su cui fondiamo la nostra esistenza terrena. Tenta di far emergere dal loro ascolto la freschezza della nuova umanità che sta fiorendo dentro questa notte planetaria.

    Perché è proprio così: una nascita è il senso di tutto questo declino: impariamo a sentirne l’avvento.

    Marco Guzzi

    14.00
    Editore : Ancora
    Autore / Autrice : Marco Guzzi
    Anno : 2011
  • Versione Standard

    Pensieri improvvisi, folgoranti aforismi, squarci di racconti mai più elaborati sono raccolti in questo “Quaderno d’appunti”, pubblicato postumo e limpidamente tradotto da un’altra grandissima scrittrice, Elsa Morante.

    La breve vita di Katherine Mansfield vi si illumina di tonalità nuove, in particolare per i suoi ultimi anni, quando la sua ricerca di una verità oltre la letteratura la porta a mettersi in discussione, a confrontarsi drammaticamente con la vita.

    La mia mente non ha più freno. Io ozio, cedo, affondo nella disperazione.

    (7 febbraio 1922)

    16.00
    Editore : Se
    Anno : 2011
  • Versione Standard

    Il soggiorno di Rilke a Firenze non fu lungo; ma l’attività svolta dovette essere intensa. Musei, chiese, palazzi, conventi, gallerie (persino quella del principe Corsini, di difficile accesso), nulla rimase inesplorato. Furono fatte escursioni non solo a Bellosguardo, a Fiesole, a Settignano e alla Certosa, ma a Maiano, a Rovezzano, a Bagno a Ripoli. Il frutto di tale primo contatto con realtà profondamente diverse da quelle conosciute sino allora non fu tanto l’ albo o quaderno di riflessioni e ricordi che riempì per donarlo, testimonianza di amore e di ammirazione, a Lou Salomé, la donna amata, quanto un nucleo di idee e di concezioni che attraversano in modo più o meno visibile tutta la sua opera e alimentano la fase estrema della sua poesia.

    19.00
    Editore : Se
    Anno : 2011
  • Versione Standard

    Le lettere scritte da Rilke alla moglie Clara Westhoff nell’ottobre del 1907, al ritorno da visite compiute alla esposizione di Cézanne allestita nel Salon d’Antonine, sono di solito più citate che lette.

    Un poeta e narratore non ancora del tutto libero da scorie provinciali, anche se conosce l’Europa, con una cultura singolare, vasta, anzi vastissima, ma non di eguale qualità, trova nella mostra di Cézanne l’occasione per leggere in se stesso come mai gli era prima accaduto, e per formulare princìpi cui si mantiene fedele per il resto della vita.

    L’incontro sembra predestinato: Rilke cercava da anni quello che le due sale gli offrono di colpo, con tale intensità da renderlo, sulle prime, sconcertato. L’assimilazione, in ogni modo, è rapida: l’uomo che esce dall’ultima visita compiuta alla mostra non è lo stesso che vi era entrato due settimane avanti. Il Rilke che appartiene al nostro secolo sembra avere una seconda nascita nelle aule del Grand Palais, che Matisse e i suoi amici, quattro anni prima, avevano inaugurato in modo memorabile.

    13.00
    Editore : Abscondita
    Anno : 2011
  • Versione Standard

    Non credo facile stabilire quando le donne si siano messe a dipingere: anche il caso, marginalissimo, di una monaca miniatrice è una pura ipotesi. Il Trecento fiorentino, se a qualcuno gli frullasse per il capo, la respingerebbe come suggestione diabolica. Magari carico di prole femminile, mai che un pittore pensasse a farsi macinare i colori da una figloletta. Pensate: una Laudomia di Bicci, una Ginevra di Fredi? Vengono i brividi solo a pensarlo. E, per carità, nessun nome femminile fra i contemporanei di Pollaiolo, di Botticelli. L’avvento di Michelangelo cancellò del tutto la donna e altrettanto seguì coi suoi discepoli diretti o indiretti: basta pensare al Pontormo, al Rosso, caratteri lunatici, spauracchi delle pareti domestiche. […] Fu sulla metà del secolo sedicesimo che qualche cosa cambiò: certi padri cominciarono a vezzeggiare le loro bambinette, che, furbette, non tardarono a profittarne

    13.00
    Editore : Abscondita
    Anno : 2011
  • Versione Standard

    Un piccolo libro per scuotere la polvere, il cemento e il gesso che soffocano i sensi, i corpi e i gesti nei reclusori scolastici, negli obitori del sapere e negli annessi feretri in forma di libro, così come troppo spesso anche negli attori al perenne tramonto della gran tragicommedia dell’educazione. Idee inattese e istruzioni necessarie per rovesciare credenze ossificate, ideologie aberranti e poteri inamovibili e ritrovare l’appetito bruciante, sessuato e nervoso di capire, di fare e di pronunciare il violento sì alla vita che le nostre diseducazioni ci hanno intimato di tacere.

    12.00
    Editore : mimesis
    Anno : 2011
  • Versione Digitale / Standard

    120 pagine | AnimaMundi 2011

    Estratti dal libro

     

    È solo una questione di tempo. A volte il tempo di una vita, a volte quello di uno sguardo. Altre volte quello di un gesto o di un pensiero imprevisto. Prima o poi la maschera che indossiamo dovrà cedere. E noi ci ritroveremo nudi al centro del cuore.

     

    La nostra vita sociale conosce una grave crisi, una vera agonia e non c’è cura possibile a questo dolore dell’assenza di sé a sé stessi. Ma una strada forse è percorribile e sta nell’accorciare la distanza che ci separa da ciò che sentiamo, non ignorando più ciò che ci chiama e ci guida nel nostro intimo. Forse questa agonia potrà mutare in una gravidanza e ciò che l’umanità si accinge a partorire è l’essere umano vero, l’essere umano nudo, che non si nasconde più dietro ad alcun ruolo, dietro ad alcuna maschera, tanto nella sua sfera affettiva privata quanto nel ricoprire un incarico pubblico, perché ha compreso che non è necessario nascondere niente. Null’altro è il paradiso se non questa nudità. Il fiore non si nasconde, è nudo. Ecco perché lo ami. Lo guardi, lo vedi, ti raggiunge la sua fragranza e perciò lo ami. Se lui si mascherasse non lo potresti apprezzare e amare. Perché tu continui a nasconderti allora? Non c’è altra strada, se vuoi essere visto e apprezzato per ciò che sei, devi mostrarti per ciò che sei, devi rischiare di metterti a nudo.

    *

    Quanta violenza ci facciamo ogni mattino

    a metterci di corsa nei nostri panni

    senza svuotare mai le tasche

    portare molto peso.

    Tenere fede alla velocità

    tenere fede alla fretta

    senza porgere mai l’orecchio

    a ciò che grida o bisbiglia in noi.

    È questo vivere?

    Noi non abbiamo colpa

    l’umano sta seppellito in noi

    richiede il tempo di una lenta

    caritatevole attenzione.

    *

    C’è una stanchezza derivante dal non sapere abitare la nostra ferita, i nostri stati d’anima, le nostre emozioni. E dall’investire le proprie risorse interiori del difenderci continuamente da noi stessi, nel fare muro, nel temere, nell’arginare quello che sentiamo e siamo, nel costringerci ad essere altro da ciò che sentiamo e siamo.

    *

    Tempo, tempo, tempo,

    non tempo per fare tempo per sentire,

    per entrare dentro

    alle sensazioni,

    per non abortirle.

    Tempo per respirare

    piano

    nei pensieri

    che scorrono come nuvole.

    Tempo per nutrire

    l’attesa

    di una nuova chiarezza.

    Non farsi mangiare, inghiottire,

    dalla fretta.

    Nient’altro ci viene chiesto

    se non d’abitare

    questo corpo che cammina,

    questa mente senza direzione,

    questo respiro come un campo incolto.

    Siamo in un esilio trasparente,

    abbiamo dimenticato il nome delle cose.

    *

    Per sentire ci vuole tempo e una resa.
    Una sconfitta temporanea della volontà, del fare. Il pensiero viene dopo.
    Prima c’e’ l’ anima che accogliamo sentendola. Sentendola, la riceviamo.

    *

    La persona comune e il poeta.
    Ho sempre pensato che la linea di confine tra la persona comune e il poeta fosse sottile e piuttosto labile. Ciò che la persona comune rimuove da sé frettolosamente, il poeta accoglie a sé curioso. Ciò che per la persona comune rappresenta una perdita di tempo, per il poeta è dimora e impiego fisso. La persona comune cerca di liberarsi da ciò che la opprime, da ciò che è nell’anima come un peso, distraendosi. Il poeta affonda nella sua pesantezza e trova le parole per cantarla. Così si rende leggero e rende più leggero il mondo. Il poeta abita nella stessa casa in cui abita la persona comune, abita lo stesso mondo, ha persino gli stessi occhi.

     

    La bellezza di alcuni volti mi stordisce sempre. A volte un poeta attende le parole come chi è sotto l’effetto di un veleno attende l’antidoto. Da un momento all’altro potrebbe morirne. E di fatto muore, ma è una morte figurata, come un risucchio d’aria, un declino del respiro, un offuscamento dell’anima. A volte le parole vengono dai volti. A volte le parole vengono tutte insieme e non si sa come afferrarle per non farne sfuggire nessuna. Ma, come nella vita, come con le cose belle, è soltanto una questione di paura che ci fa temere di perdere qualcosa di importante. Ciò che ci riguarda pone l’attenzione su di noi e ci cerca ovunque. Non c’è davvero modo di sfuggirgli. Le cose che ci stanno a cuore, sono loro a occuparsi di noi, venendoci incontro nel momento appropriato e offrendosi al nostro sguardo. Ciò che ci attrae ha sempre qualcosa da raccontarci.

     

    Info sull’autore

    Giuseppe Conoci, 46 anni, vive a Otranto. Da sempre utilizza la scrittura come strumento di ricerca interiore, come via per radunare ciò che nell’anima resta spesso confinato ai margini, ignorato oppure disperso. Nel 2000 fonda AnimaMundi: libreria, etichetta discografica e casa editrice.

     

    Giuseppe Conoci

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    Autore / Autrice : Giuseppe Conoci
    Anno : 2011
    Tipologia : Ebook - Libro
    Collana : Scrittura nuda
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    Christian Bobin

    12.00
    Anno : 2011
    Autore / Autrice : Christian Bobin
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    Autore / Autrice : Antoni O' Breskey
    Anno : 2011
    Tipologia : CD - Digital Download
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    Autore / Autrice : Dario Muci
    Anno : 2011
    Tipologia : CD+Libro - Digital Download