Migrazioni
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Versione Standard
La fuga in Libano, di notte, con le pallottole che fischiavano intorno. L’esilio. La diaspora palestinese. «Quella notte ha messo fine alla mia infanzia. Non chiedevo più nulla, ero diventato improvvisamente adulto. In Libano ho imparato – mai lo dimenticherò – che cosa significa la parola patria». Huriyya, la madre, la terra. «Come il puledro buttati sul mondo. / Sii te stesso ovunque. Porta / il peso solo del tuo cuore e torna / se si allarga e cambia il tuo paese». José Saramago, parlando di Mahmud Darwish dice: «Se il nostro mondo fosse un po’ più sensibile e intelligente, più attento alla grandezza quasi sublime di alcune delle vite che lo attraversano, il suo nome sarebbe oggi conosciuto e ammirato come, per esempio, lo fu in vita quello di Pablo Neruda». La sua poesia è per Ghiannis Ritsos, come un canto epico o un’epica lirica. E ritornando in Palestina, dopo due notti di marcia estenuante: «ci chiamavano i presenti assenti perché non avevamo diritto a nulla». «Un luogo non è solamente un’estensione geografica, ma anche uno stato interiore. Né gli alberi sono solamente alberi, ma costole dell’infanzia e pianto colato dalle punte delle dita mentre l’autobus passava veloce». «Nel momento in cui loro sono diventati cittadini tu sei diventato profugo». «Perché hai lasciato il cavallo alla sua solitudine?» Dice Darwish a Lucy Ladikoff, che l’ha meravigliosamente tradotta «è l’opera che ho amato di più». Parola come sorgente, respiro-immagine di una terra impressa nel cuore come un segno prenatale. «Perché hai lasciato il cavallo / alla sua solitudine, padre? / Perché ci sia vita nella casa, figliolo. / Le case muoiono / se chi le abita / va via».
€25.00Autore / Autrice : Mahmud DarwishEditore : Edizioni degli animaliAnno : 2024 -
Versione Standard
Stefano Allievi, Giacomo Bernardi, Paolo Vineis
È possibile applicare alle culture le riflessioni, le teorie, i criteri interpretativi normalmente utilizzati dalla biologia? È lecito fare parallelismi e analogie tra la circolazione dei virus e quella degli esseri umani? Ci sono somiglianze tra le migrazioni di specie ittiche dal mar Rosso al mar Mediterraneo, con le loro conseguenze sulla popolazione indigena, e le attuali migrazioni umane all’incirca dalle stesse zone e nelle stesse direzioni? Chi vince e chi perde quando si fa un bilancio dei movimenti migratori? E si vince e si perde allo stesso modo tra le specie animali e tra i più evoluti sapiens?
Sono queste le domande a cui si propongono di rispondere tre scienziati e ricercatori di livello internazionale: Stefano Allievi, sociologo dell’Università di Padova, Giacomo Bernardi, biologo e docente a Santa Cruz e Paolo Vineis, epidemiologo all’Imperial College di Londra. Attraverso le loro riflessioni scopriremo che, di fatto, coloro che emigrano costituiscono una specie di sesto continente che non si muove secondo la deriva geologica ma è composto da persone che si spostano per lo più individualmente, talvolta in gruppi. Naturalmente è un continente senza confini attestati e di cui occorre regolamentare il tipo di sovranità: i diritti, ma pure i doveri, anche se privo di Costituzione comune poiché manca di rappresentanza, e persino della volontà di averla. Un mondo per ora senza regole, ma che ha necessità di venire regolamentato.
Autore / Autrice : Stefano Allievi, Giacomo Bernardi, Paolo VineisEditore : Aboca EdizioniAnno : 2023