Descrizione
Dove si toccano poesia e teatro, là si incontrano Bobin e Artaud. Sulla soglia dell’esperienza muta, dove si intrecciano urlo e sussurro. Artaud urla l’impossibilità di tradurre i propri pensieri in parole. Bobin gli sussurra, piano, che è possibile. Bobin cerca di far parlare Artaud, trovando una voce per lui che sia in contatto con il mondo della vita. Lo vede vivere in un deserto, e gli porta acqua fresca. Per non allontanare la follia di Artaud in un ideale estetizzato, Bobin gli mette a disposizione il suo linguaggio, riuscendo a recuperare la missione che ha spinto Artaud lungo tutta la sua vita: il senso di una scrittura poetica come scrittura del corpo.
L’homme du désastre, Editions fata Morgana, 1986 – L’uomo del disastro, AnimaMundi Edizioni, dicembre 2015 – Traduzione di Maddalena Cavalleri – Introduzione di Andrés Neumann, postfazione di Caterina Piccione
dall’introduzione di Andrés Neumann
Christian Bobin ci propone di avviarci assieme a lui in un viaggio immobile, in una danza sulla musica silenziosa e misteriosa del nostro cuore e del nostro respiro, lui con la scrittura e noi con la lettura, in ambiti che conosciamo bene ma che raggiungiamo con molta difficoltà: la lentezza dell’infanzia, le sensazioni degli elementi sulla pelle: pioggia, sole e vento, le soglie che dividono abbondanza da scarsità, i vivi dai morti. Si possono allora aprire paesaggi di bellezza e inquietudine folgoranti. Ma prima di ogni altra cosa egli ci aiuta ad affinare la sensibilità all’ascolto (…) Un libro è un cuore che batte nel petto di qualcun altro, e quello di Christian Bobin finirà inevitabilmente per battere nel nostro.
L’autore
Christian Bobin è nato nel 1951 a Le Creusot, città della Francia centro-orientale. È molto conosciuto nel suo Paese per la sua scrittura intensa e poetica che riconduce colui che legge agli aspetti fondanti dell’esistenza. Con Une petite robe de fête (Mille candele danzanti) nel 1991, raggiunge il successo, restando tuttavia un autore discreto, che rifugge gli ambienti letterari, “innamorato del silenzio e delle rose”. AnimaMundi ha pubblicato di Christian Bobin nel 2012 Autoritratto al radiatore, nel 2013 Folli i miei passi (co-edizione con Socrates Ed.) nel 2014 Sovranità del vuoto e Mozart e la pioggia, Consumazione, nel 2015 La vita e nient’altro, L’uomo del disastro, Resuscitare.
Dicono di Bobin
“Vi sono autori riguardo ai quali il leggerli è quasi un offenderli, uno sporcarli. C’è una purezza che ad accostarla troppo ti fa sentire indegno nell’intrattenere una qualche forma di rapporto – anche pure di distanza – con essa. Tra questi autori, sicuramente vi è Christian Bobin. La cui scrittura riesce a raggiungere un’altezza, che è altezza sottile prima che letteraria, giunge a trasformarsi in un’elogio tale della semplicità che ad avvicinarla, l’esito non è, come ci si aspetterebbe, un conclusivo ristoro in se stessi, ma primariamente un principio di tremore, quel senso del tremendum che è proprio dell’accostamento al sacro. In questo caso la sacralità dell’assolutamente manifesto e nudo darsi dell’evento.” GIANFRANCO BERTAGNI
“Bobin fa venir voglia di scrivere. Cioè di vivere. Fa sentire che si può. Si può vivere con un mazzo di fiori, con una passeggiata, un acquazzone, vivere di un cavallo, una bambina, neve, libri… Con Bobin tornano a essere rituali le passeggiate, sacri i luoghi già visti, già annusati e misurati dai passi. Lui stesso dice di parlare di un tempo non registrato, il tempo della neve, il tempo della notte…. Bobin ci invita a una purificazione contemporanea, non contro qualcosa ma a spalla di qualcosa. Parla di bel silenzio sonnambulo, quel silenzio che dorme dentro di noi tutto squarciato dall’obbligo di parlare, di avere risposte pronte, di essere intelligenti a orario, di essere sociali.” CHANDRA LIVIA CANDIANI
“Bobin è fra coloro che hanno il compito di portare in salvo due entità così vessate dall’onnipresente impero: la lingua, la sfinita vitalità della lingua e quella che potremmo chiamare la salute ritmica del mondo, attaccata ora da quella misteriosa, sinistra forza che ci impone una generale corsa, una generale fretta, ed una conseguente mancanza di cura, di profondità, di compassione, di ispirazione – tutte entità che richiedono una ritmica lenta, di ascolto, di attesa, di rivelazione. Per questo mi rinfresca leggere Bobin: ho sempre l’impressione di una bolla di terra ferma e assolata, ombreggiata, stellata, nel bel mezzo di un prepotente, coatto sgambettare di tutto.” MARIANGELA GUALTIERI
“Parole dette nel totale silenzio della scrittura, e sentite nella solitudine della lettura, possono consentire una condivisione di rara potenza. Tutti abitiamo un luogo più profondo di quello che la società umana ci fa credere e Bobin è maestro nel ricordarcelo.” ANDRES NEUMANN
ESTRATTI dal libro:
“Nelle tue vene fecondate dal fulmine, il dio spargeva l’abbondanza di un dolore (…) Non ti arrendevi mai all’allettante desiderio di un riposo e nella tua vita morire era l’estremo risveglio, l’offerta rivolta al cielo vuoto.”
“Un albero in fondo al giardino e la luce intorno. Pervade le foglie. L’onda grande delle luci. Vicino a me, una bambina. Parla, scoppia a ridere. Si china su uno scarabeo. Con un legnetto, lo rovescia e la corazza lucente, che sembra immersa in un inchiostro viola, è una sorpresa per lei. Tanti gli sforzi per ritrovare l’equilibrio. Tante le convulsioni per riconquistare, per qualche secondo, la ragione, il linguaggio, la banalità di una vita calma e senza grazia. Dopo diversi minuti l’insetto si rimette dritto, corre via tra le foglie secche. Al termine della tua vita trovavi finalmente la padronanza di te stesso, fuggendo nella morte di un azzurro puro. L’angelo che, sul finire della tua infanzia, ti aveva scaraventato nella follia con la punta del suo bastone – la parola saggezza, però, sarebbe altrettanto adatta, o anche no – ne ride ancora.”
“Antonin Artaud, l’uomo che va nel mondo come in un deserto. La terra dove camminiamo non è quella vera. Il cielo dove beviamo non è puro. Un’arte manca alla vita (…) Un’arte di vedere. Un’arte delle cose semplici. Il meraviglioso è la radice dello spirito. E lui va a dissotterrarla, sotto le pietre della leggenda, in Messico, in Irlanda. Altrove. Scandaglia la terra e insieme il profondo di se stesso. Come un’affamato, cerca. Scava nelle ferite della terra. Cerca l’uomo nudo, l’uomo affrancato dalla vergogna.”
“Sul far della sera da dove ti scrivo, in quest’ora in cui il mondo, dimenticato da dio come dal diavolo, pesa sul collo degli animali e sulla forma dei pensieri, qualcosa è avvenuto: una piuma di luce è discesa lentamente lungo il muro increspato. Solo questo. Nient’altro, il che basta a rendere per sempre questo giorno intramontabile. Un’oncia di reale puro basta a chi sa vedere. Basta ampiamente, per indurre a questo stato di stupore, quando il pensiero finalmente rinuncia, lo stupido pensiero che ci tiene avvinghiati al mondo, un pugno che strazia la gola: fin tanto che parliamo, non diciamo nulla; fin tanto che facciamo qualcosa non facciamo nulla…”
“Immortale, la tua anima argentata sfrecciava nell’aria sottesa di bianco. Fecondata dal girasole nero delle letture, fiorisce di nuovo nella camera vuota. Non sei morto, poichè ti scrivo. non sei pazzo, poichè ti ascolto.”
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